Lo Sport, il Gioco, la Guerra, di Julio Velasco


É trascorso molto tempo dal mio ultimo contributo, questo non è un caso. Da quando ho ideato De Motu (de motu dal latino intorno al movimento, oppure riguardo al movimento) il mio intento, (perdonatemi altrimenti…), è stato sempre quello di produrre articoli capaci di suscitare, da parte del lettore, dubbi e interessi, piuttosto a volte, mantenendo saldo a questi principi, ho preferito non pubblicare, perdendo ahimè… la possibilità di aumentare volume e visibilità del sito.

Vandag, a distanza di 6 mesi, in una nuova veste grafica, ripropongo un interessantissimo intervento pubblico di Julio Velasco (tratto dal sito web www.obiettivorganizzazione.it/)

a cui ho dato il titolo:

Lo Sport, il Gioco, la Guerra di Julio Velasco

Un vero contributo alla Cultura dello Sport

Buona Lettura

Giulio Rattazzi

velasco-julioVedo con piacere che, al di là dello staff dei docenti e dirigenti della Accademia Olimpica e del CONI, ho di fronte una forte presenza di giovani studenti, molti dei quali di Sport Wetenskap, come è tradizione di questi Convegni annuali dell’AONI. Vi informo subito che, con qualche differenza rispetto agli oratori che mi hanno preceduto, vi parlerò di cose che conosco o che ho vissuto nel mondo dello sport, perché in questo momento anche il mondo dello sport, come tutto il resto, è in grandissimo fermento e discussione, che prelude ad una trasformazione della quale voi siete, ma soprattutto sarete, protagonisti diretti. È però anche un momento di grandissima confusione, determinata – secondo me – dalla dicotomia, dalla contraddizione tra quello che si dice e quello che si fa, ma anche tra quello che è politicamente corretto dire, che dicono tutti in pubblico e quello non solo che si fa, ma anche che si pensa o si dice in privato tra gli addetti ai lavori, o tra supposti amici o conoscenti, con le persone con cui si lavora insieme o con quelli dei quali si pensa non ne parleranno fuori dell’ambiente in cui si lavora. Voglio dire che nel mondo dello sport, come d’altronde nel mondo della politica, o nel mondo imprenditoriale, soos in die kulturele, in hierdie tyd die skynheiligheid is uiters wydverspreide.

Wat my betref sal ek nie probeer om 'n polities korrekte spraak maak, in die sin van praat oor baie belangrike dinge wat, Verder, Dit het al baie gesê oor die waardes van sport, In plaas daarvan sal ek probeer om 'n paar aspekte wat ek dink is die mees uitgedaag nou na vore te bring.

eerste, Ek glo dit is noodsaaklik baie vinnig om te besin om te sê hoe doen sport. Die sport is gebaseer op twee belangrike bronne: een is die speletjies, wat dan geword sport, terwyl hulle besig was om gedikteer die reëls; Die ander bron is die oorlog, die gewelddadige konfrontasie wat dan, selfs in antieke, hulle het toernooie. Dit is twee baie duidelike komponente wat by die oorsprong van sport gespeel en sport in die algemeen. Veral in die geval van die speletjies, soos die Sokker, begin in Engeland, was eenvoudig gestel 'n bal tussen twee dorpe en wat die bal aan die ander dorp gedra het gewen. Stel jou dan wat dit beteken: Hy het 'n dorpie teen mekaar en dit was die moeite werd om alles en begin om die bal te skop omdat dit makliker as hulle stuur aan hand was. Maar daar was een wat die uitvoering en so dan kom die Rugby; sokker en Rugby Hulle was oorspronklik dieselfde ding. Daar is 'n wonderlike boek oor die onderwerp kom ek hoop jy kan sien of nie studeer, poiché si ha la conferma che come gioco era poco applicato, per cui uno giocava con cinquanta, l’altro con quaranta persone e quello che era più bravo, spesso non lo lasciavano giocare, come succede ancora oggi nel gioco storico del “Calcio fiorentino". Se qualcuno assiste alla rievocazione di questo gioco, si accorge che iniziano tutti belli con belle uniformi e dopo pochi minuti sono praticamente nudi, magari si vede uno che lo tengono in due, perché è quello bravo e lo tengono in due così non gioca per tutta la partita. Non era certamente molto divertente giocare quel tipo di Calcio, né tanto meno farlo diventare uno spettacolo. Allora si sono cominciate a mettere delle regole: questo si può fare, questo non si può fare. Maar toe hulle die reël 'n paar van die mense wat gespeel het gesê "jy kan nie gewelddadige kontak met die vyand te maak" "Ons is nie, Ons wil graag kontak ", en hulle stigter van die Rugby wat geskei word van sokker. En diegene wat op gegaan om sokker te speel, gesê 'n bietjie soos wat jy spelers kan vertel Vlugbal, "Dit is delikaat en wil nie kontak", terwyl hulle wou die mees gewelddadige kontak, dat die Rugby gestig, waar selfs die doelskieter kan die doelwagter te laai. Trouens, van die begin af al die groot vegter moes die doelwagter te hef in die lug en maak hom verloor die bal. Toe sê hulle "geen, questo non si può fare, è una regola che non va più” e allora la caratteristica del centravanti è cambiata e così via dicendo per altri mutamenti apportati nelle regole dei vari giochi di squadra. Ultimamente si è cambiata per esempio, la regola del non poter dare la palla al portiere. Tutto per fare in modo che il gioco sia sempre più divertente per chi lo gioca e anche per chi lo guarda. È chiaro poi che, man mano che le cose vanno avanti, subentrano gli interessi della televisione perché sia il Calcio che il Rugby non è guardato soltanto da chi va allo stadio, ma anche da chi, appassionato, lo guarda in televisione.

Questa è una delle origini dello sport. Secondo me all’origine dello sport c’è poi uno dei valori tra i più importanti: hoe om aggressie en konfrontasie tussen mense te bestuur, met die reëls en in 'n prettige manier. Baie keer voel ons dat ons sien dit as iets werklik, dink dat dit normaal om so te wees. Maar dit is nie so eenvoudig nie. Byvoorbeeld, in die skool of in die kulturele wêrelde, baie Dekane, baie onderwysers, baie kenners, Hulle het nog altyd die idee van mededingende sport genaamd skool verwerp. Hulle argumenteer dat die skool nie hoef te die "ontwikkelkompeterende gees, moet nie die ontwikkeling van hierdie vergelyking, maar ontwikkel solidariteit, of ten minste te verminder die druk vir konfrontasie en mededinging tussen mense: l'idee, in die praktyk, Dit is die uitdaging om nie te stimuleer. Intussen is dit sou hê om te bespreek hoe om nie-mededingende sport te maak. Dit wil vra: come si fa a fare un gioco tra bambini, il gioco delle figurine o delle biglie, in modo non agonistico? Anche il bambino gioca per provare a vincere. Si diverte nel fare un po’ meglio dell’altro, soprattutto tra i maschi. Tra le bambine, plaas, la situazione è completamente diversa; le bambine giocano sempre con l’amica e quasi mai contro, tanto è vero che quando le ragazze cominciano a fare sport vero e proprio, c’è da incentivarle per far fare loro il punto, che significa fare qualcosa che l’avversaria amica non riesca a contrastare ed evitare che lo facciano a lei. [...] Questo è un discorso complesso che io non conosco in profondità, ma sicuramente c’entra con la caratteristica dell’aggressività che non ha una base solo culturale, ma anche ideologica, perché sappiamo che il testosterone è l’ormone della forza veloce e dell’aggressività. E meno male che la metà dell’umanità non ha tanto testosterone, diciamolo questo, non solo perché è bello e piacevole, ma anche perché credo che la natura da questo punto di vista sia stata saggia: per una metà abbiamo questa caratteristica molto aggressiva, per un’altra metà molto meno. Per cui, quando diciamo “i bambini sono”, dobbiamo già dall’inizio dire “i maschi sono così, le donne sono così”. Non a caso, tranne rarissime eccezioni, le donne partecipano e hanno partecipato poco nelle guerre, mentre i maschi le hanno sempre fatte.
Questa caratteristica dello sport come un modo per far competere, dare spazio all’aggressività, alla competizione e al confronto rispettando le regole e divertendosi, secondo me è uno degli elementi fondamentali del valore che ha lo sport nell’educazione. Eliminarlo dicendo che non ci deve essere l’agonismo, cercando invece che la situazione sia sempre uguale per tutti, secondo me non risolve e non copre un bisogno reale dal punto di vista educativo. Talvolta quando sento educatori che non vogliono lo sport agonistico a scuola, ho la netta sensazione che ci sia una concezione come se l’uomo e la donna fossero nati puri e qualcosa li ha rovinati. In realtà, la competizione, l’aggressività, ens., sono caratteristiche dell’uomo che debbono essere incentivate, per cui se la scuola non le incentiva non si sviluppano. Ek sou weer wil bespreek by 'n konferensie waar daar die twee posisies, diegene wat wil hê dat die skool mededingende sport en diegene wat nie wil hê dit, selfs al is "politieke" sê hulle sal dit graag, maar hul bes doen om dit te verwerp. Waar hulle die idee geneem, Dit is onbekend, want as hulle Christene is, en neem die Bybel, dit praat van Kain en Abel. Dit sê nie dat alles goed gaan, dan is daar is iemand wat verwoes man. Hy het dit nie met sekerheid sê niks, maar hulle doodmaak tussen broers. die konflik, l’aggressività, die begeerte om 'n punch na 'n ander te gee, onder die mense daar, en dit is juis een van die waardes van die belangrikste sport, per cui è importante dare spazio a questo aspetto – che c’è ed è molto forte – attraverso un’attività che ha delle regole e che è ludica e divertente per chi la fa e anche per chi la guarda.

[...] L’altro elemento fondamentale che insegna lo sport, e che non ha eguali in altre attività, è quello di insegnare avincere e anche a perdere. Anche qui quando qualcuno dice una cosa del genere, è immediatamente deformato dai mezzi di informazione oppure dal pettegolezzo, dal rumore, dal passare parola, e viene descritto un po’ come un fesso. Più o meno io mi barcameno perché, siccome ho vinto tanto, fanno fatica a dire che sono fesso; però se avessi vinto un po’ meno, mi venderebbero in quel modo, oppure deformerebbero quello che dico. Mi capita talvolta di sentirmi dire: “lei è quello che parla della cultura delle sconfitte, colui al quale piace perdere”. Non è così. Saper perdere è semplicissimo a dirsi. Io mi confronto e, quando uno si confronta, ha due possibilità: vincere o perdere. Non è che io sono sempre sicuro di vincere, perché gli sport dove uno è sicuro di vincere, sono noiosi. La gente va lì, fa il tifo, oppure guarda in televisione, sente la radiolina per sapere chi vince. Per esempio, la Pallavolo ha cambiato le regole ed ha portato più incertezza nel risultato. Questo è buono anche se noi soffriamo di più, non si sa come finisce una partita, come nel Calcio. Ci sono altri sport in cui si sa sempre chi vince, die beste span wen altyd en hierdie meer verveeld. Toe 'n mens nie weet, gaan om te speel, en verloor. Aanvaar middel wete verloor hoe om te verloor. Wanneer ek praat oor hierdie dinge het ek 'n voorbeeld gee altyd: daar is mense wat nie vrede kan vind as hulle vermiste ma of pa, byna kan nie voortgaan met die lewe. ander, inteendeel, terwyl die uitdrukking van geweldige pyn, Onthou altyd die goeie wou ouers, maar hulle gaan vorentoe in hul lewe wat steeds. Dit beteken nie dat ons wou meer of minder goed om die oorledene, Dit beteken eenvoudig dat jy iets wat gebeur in die lewe te aanvaar, wat vroeër of later, As daar iets vreemds, Ons sal kinders het na die begraafplaas te gaan deur ons ouers en nie die ander. dan, dit eenvoudig aanvaar. Die nederlaag is soortgelyk. Dan, wat dit beteken om te weet hoe om te verloor? Vuol dire accettarlo e basta. Quando a noi ci capitò di perdere le Olimpiadi del ‘96 per due palloni, dopo tre ore e un quarto di gioco, contro una squadra che nella zona avevamo battuto tre a zero, molti aspettavano di vedere che cosa avremmo fatto. E che cosa abbiamo fatto? Niente. Non abbiamo dato la colpa a nessuno, non abbiamo pianto nel senso di piagnucolare, perché abbiamo pianto da uomini e non abbiamo detto niente. Non abbiamo spiegato, arrampicandoci sugli specchi, abbiamo semplicemente detto “abbiamo perso, giudicherete voi giornalisti”. Questo è saper perdere; non dire niente! Invece, nei comportamenti prevalenti, c’è sempre un colpevole, c’è sempre un motivo: il fuso orario, l’arbitro, gli isterismi, ho perso per…, e c’è sempre un motivo! Invece quando si vince, i motivi cambiano e non si vedono mai nello stesso modo. Sono diversi quando si vince e quando si perde. Insegnare a vincere e insegnare a perdere è fondamentale a livello della scuola, a livello delle famiglie, perché non è vero che chi perde è una porcheria. Quando uno è bambino, questo concetto è determinante. E’ importante confrontarsi a livelli diversi, per cui qua io vinco, ma qua io perdo: come bambino che cosa capisco? Capisco che io sono più bravo di lui in una cosa e meno bravo in un’altra. Spesso le mamme dicono “ tu sei il più bravo, tu sei il più bello, tu sei il più intelligente”. Seppure lo fanno per amore producono un disastro educativo, perché poi quel bambino quando comincia a frequentare gli altri, Hy besef dat dit nie die mooiste, wat dit is nie die mees goed, wat dit is nie die mees intelligente en dink: "Maar as, Mamma het vir my gesê ... ". Maar die lewe is 'n ander ding. Die sport wat baie duidelik leer: "Ek is 'n goeie, Maar daar is nog 'n selfs meer goed. of, "Ek is die beste in die wêreld". Dan kom die Olimpiese Spele en verloor en is nie meer die beste in die wêreld. Dit was tot op daardie oomblik, en dan is daar nog 'n. Aanvaar dit as normale belangrik, nie dat ek die groot held, want ek aanvaar, want die lewe is so. En dit is 'n fundamentele waarde wat sport by die skool te maak, dws onderrig oorwinning en verloor, leer dat ons nie almal gelyk, dat 'n mens is beter as 'n ander in 'n ding, in 'n spel, in 'n liga, nie vir ewig; dat ek speel teen teenstanders, maar ek speel ook teen my, want as ek verbeter, Ek wen teen my foute, teen my perke. Miskien nie goed genoeg is om die wêreldkampioen te klop, In plaas daarvan moet ek na 'n ander teenstander wat nie as my gevorder klop. En ek voel goed vir hierdie. Daar is ook ander aktiwiteite wat hierdie vergelyking bied dit, Maar hulle is nie so uitdruklik en so helder. Neem die geval van die musiek onder jong mense is 'n baie gewilde tema: io ho visto il rispetto che c’è tra musicisti che magari si trovano su un palco a fare un concerto e tra loro si rispettano se uno è più bravo di un altro e si festeggiano in silenzio. C’è questo confrontarsi, chi è più bravo lo riconosce, anche se non in modo esplicito. Non è che si stabilisce, da qualche parte, che Charlie Parker è il campione del mondo e l’altro è secondo. No, non si dice. Oppure qual è il miglior chitarrista di oggi? Ognuno dice la sua, per me è meglio questo o per me è meglio l’altro. Invece lo sport è chiaro, c’è il Campionato del Mondo, l’Olimpiade, l’Europeo, il Campionato nazionale o provinciale per confrontarsi e accettare che uno è arrivato prima. Però, a differenza della musica, non è che arriverà sempre per primo, arriva primo in quel livello di campionato, in quella stagione agonistica, ma poi si rimescola tutto di nuovo e si rimette tutto in discussione. Questo significa insegnare a vincere o a perdere, perché se vinco, devo insegnare che non è che ho trovato la verità applicabile sempre come se fosse una formula della fisica; vuol dire che hanno coinciso diversi fattori, tra i quali il mio, in un momento che mi ha fatto vincere. Cosa succederà domani, non lo so, e non posso andare in giro a dire “io sono il migliore”. “Io sono stato il migliore in quella competizione, vedremo se mi ripeto nella prossima”, e chi ha perso non vuol dire che è una porcheria, vuol dire che c’è un altro più forte di lui. Riconoscere che un altro è più forte di me, non significa che la mia autostima deve andare per terra. È chiaro, se sono tutti più forti di me, è probabile che io debba cambiare mestiere, perché c’è anche questo, ma questo non riguarda solo lo sport. L’altro giorno ho conosciuto uno a cui piace il ballo, fa 40.000 ore di tango, 40.000 ore di latino americano, ma non ha ritmo ed è un disastro. Però a lui piace il ballo e va a ballare. Qual è il problema? Se lui non si sente male dov’è il problema? Preferisce così piuttosto che non farlo. Di solito però, soprattutto i giovani, fanno quello in cui sono bravini. Se uno va a giocare e perde sempre, una volta, due volte, alla fine o cambia sport o va a ballare, fa musica, fa un’altra cosa, ma nello sport c’è sempre la possibilità che oggi perdo, poi vinco. Per cui quando io sento dire (e l’ho letto anche l’altro giorno in una dichiarazione del Presidente della Federazione del Calcio) che secondo il de Coubertin non è importante vincere, la cosa continua a sorprendermi moltissimo. Forse c’è stata una cattiva interpretazione degli storici o dei giornalisti e, in ogni caso, quella frase è superata, perché l’unica cosa che conta nello sport è vincere e non soltanto partecipare. Intanto io credo, il Presidente dell’Accademia può correggermi se sbaglio, che si confondono le tematiche, perché a mio parere il de Coubertin pronunciò quella frase rivolgendosi soprattutto ai paesi che dovevano partecipare alle Olimpiadi, senza riferimenti alle gare in sé. Ma questo è un problema di conoscenza, perché si intendeva dire “è importante che i paesi partecipino all’Olimpiade”, perché all’origine nessuno voleva parteciparvi. Non è come ora che tutti vogliono partecipare. dan, importante era partecipare, nel senso che entrassero paesi e atleti, per cui si era faticato tanto a preparare per fare una edizione dell’Olimpiade moderna. Oltre a questo, se a me chiedessero: la finale del ‘96 alle Olimpiadi di Atlanta che è stata persa al quinto set, se potesse, tornerebbe a giocarla? Certo, io la tornerei a giocare e come! En ek is oortuig dat diegene wat nie beny, Hy weet nie wat dit is om 'n Olimpiese finale speel, anders sou dit beny. En as jy vir my sê: en as hy gewen? Dit sou gewees het 'n duisend keer beter as ek gewen het, maar dit is 'n duisend keer erger nie rigiocarla. Op hierdie Ek het geen twyfel. En wanneer 'n mens gaan om 'n Olimpiade, nie net gaan om sy sport te leef. Ek het na rasse kyk in die baan van Atletiek hoewel op daardie tydstip was daar nie al die bekende name, vir 40-50 minute gekyk diegene wat miskien het workouts: corsette, dan hul skote, hul lanseer, met ongelooflike akkuraatheid. En dit is in hierdie omstandighede dat ek gesê: "Hoeveel van hulle het 'n 5% die moontlikheid van die neem van medaljes "? feitlik baie min. Die Atletiek is nie soos Vlugbal, il Calcio, dove la palla è rotonda. In Atletica, ci sono i tempi, per cui è difficile che uno che ha fatto un certo tempo, è poi campione olimpico. Può succedere una volta e di solito si sa chi ha possibilità di vincere. E tuttavia questi stavano lì comunque a lavorare, ad allenarsi come se potessero vincere l’Olimpiade? Perché è bello misurarsi, perché se uno prima perdeva per 3 secondi e riesce invece a perdere per 2, torna a casa contento. Chi ha fatto sport, sa che è così. Se poi ti vengono a dire “ma sei contento di perdere?". “No, certo che no, ma sono contento comunque di avvicinarmi a uno che so che è più forte e voglio provarci, voglio stare lì”. Perché quando uno più forte corre davanti a me, ho uno stimolo irripetibile, in quanto se so che allo stadio c’è la televisione di tutto il mondo e davanti a me ci sono due o tre fuoriclasse che rimarranno nella storia dello sport mondiale, io sono lì anche se sono un peones dell’Atletica. Loro partono e so che mi batteranno, però io correrò più veloce che a casa mia, perché questa è l’adrenalina, questo è quello che succede dentro una competizione di Atletica. L’importante non è quindi solo vincere. Non parliamo poi di una partita di Calcio. Se dovessero dire “guarda che vai e perdi”, non vai a giocare? Non vi divertite comunque a giocarla? Non ci sono partite di Calcio tra amici, per cui a un certo momento ci si chiede quanti goal abbiamo fatto e nessuno se ne ricorda? Non succede mai questo? Succede in serie A nell’allenamento di Pallavolo. Dico: “Okay facciamo una partita”, e dopo un po’, siccome stavo guardando altre cose, dico “a quanto siete?". Nessuno teneva il punteggio, perché si divertono a provare questo, a migliorare quest’altro. Infatti, quando mi interessa il punteggio, metto proprio i numeri lì. E quando si fa sul serio l’unica cosa che importa è vincere. Perché – e concludo con questo – secondo me in questo momento, e non solo nello sport, ci vogliono inculcare una cosa, mi veniva da dire “vendere”, che la vita è una grande scala, chi arriva più in alto non solo è il migliore, maar die gelukkigste. Ek weet 'n klomp mense wat in die tussentyd, om te klim, Pestano die Dell'Amico saadhuid, moeder, vir iemand net om te gaan, maar die ergste ding is dat hulle nie gelukkig, waarom nie doen wat hulle wil. Dit is eenvoudig, nie doen wat hy wil, maar hulle doen wat hulle hoër kan bring, omdat belangrike vandag is die gerug dat jy erken op die straat, al 'n "groot broer". Die belangrikste ding is om te erken, kry geld, beslaan 'n gesogte posisie, en dit blyk dat die eenvoudige vraag, "maar jy doen wat jy wil?", Dit is nie die belangrikste. Invece, Ek sê vir die jong, Ek sê vir my dogters om te doen wat ons graag. Ek het gedoen wat, rinunciando anche a delle cose che poi ho visto non mi piacevano, anche se magari mi davano qualcosa in più. Se poi facendo quello che ci piace, si riesce ad essere tra i migliori, tanto meglio, a condizione che non si vinca in qualunque modo, ma che si vinca rispettando le regole, che si vinca divertendosi, perché questo vuol dire che stiamo facendo quello che ci piace. E questo, allora, vuol dire che non solo lo sport, ma anche le altre cose della vita prendono un altro significato. Altrimenti credo che molti giovani che in questo momento stanno prendendo una scala immaginaria, arriveranno a un punto, mentre salgono, che conosceranno tantissime crisi che i sociologi chiamano “il mal di vivere”.

Posted by giulio.rattazzi

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